Domanda
Ho 67 anni, soffro di colon irritabile da diversi anni. Nel 2011 ho fatto la colonscopia e l'esito è stato "A livello del sigma si osservano numerosi diverticoli con deformazione del lume". Da allora prendo quasi ogni mese 4 compresse al giorno per 6 giorni di Rifacol da 200 mg., ma nonostante questo ogni tanto ho attacchi con forti dolori. C'è una dieta che mi aiuti a evitare questi episodi? Già ho escluso latte panna mascarpone brodo di carne e di verdura, evito le verdure in foglia cos'altro posso fare? Il Rifacol preso così di frequente può creare altri problemi? Vi ringrazio anticipatamente. Risposta E’ possibile, nella diverticolosi del colon, che si crei una certa stasi di materiale fecale (soprattutto nelle “sacche” dei diverticoli), che può predisporre ad un eccesso di crescita di flora batterica intestinale, la quale può essere in grado, in teoria, di stimolare una reazione infiammatoria “di basso grado”, infine responsabile di possibile sintomatologia basata sulle alterazioni della funzione motoria intestinale. Sulla base di questa, finora solo ipotizzata, cascata di eventi è generalmente fondata la diffusa consuetudine da parte dei medici di consigliare trattamenti periodici (mensili, bi- o tri-mensili) con rifaximina (antibiotico ad azione locale, che viene solo scarsamente assorbito) ai pazienti portatori di diverticoli del colon. L’obiettivo sarebbe quindi di impedire la crescita batterica iniziale e quindi prevenire la sintomatologia e le infiammazioni dei diverticoli. In realtà, i dati presenti nella letteratura scientifica sono ancora insufficienti nell’indicare una chiara efficacia di tale strategia terapeutica nel prevenire gli episodi infiammatori, mentre invece la rifaximina sembrerebbe utile nel trattamento dei sintomi legati alla diverticolosi. In definitiva, a fini preventivi, sembrerebbe più corretto puntare su una ad alto contenuto di fibre e di liquidi. Domanda
Ho 65 anni, da diverso tempo soffro di dolori e bruciori allo stomaco, nel marzo scorso ho eseguito una gastroscopia che ha rivelato la presenza di un ernia iatale da scivolamento con esofagite da reflusso classe A di Los Angeles, mi curo con esomeprazolo da 20mg, e per un buon periodo non ho avuto disturbi, ma negli ultimi tempi questi si sono ripresentati soprattutto con bruciori alla bocca dello stomaco e all'esofago. Il mio medico curante ha aumentato la dose di esomeprazolo da 20mg a 40 mg, ma per ora non mi sembra abbia sortito grande effetto, mi ha detto allora che non esiste altro che l'intervento. Nel frattempo mi ha prescritto una pH-metria esofagea 24 h e una manometria esofagea 24h. Sono necessari questi esami, visto che non esiste altro tipo di cura oltre a quella che già sto facendo? Per accertare cosa? Io non vorrei sottopormi a questi perchè sono esami piuttosto fastidiosi e soprattutto richiedono una preparazione per cui dovrei stare almeno 15 giorni senza assumere inibitori di pompa. Faccio presente che dalla gastroscopia fondo, corpo e antro gastrico risultano nella norma, piloro pervio, regolari la prima e la seconda porzione duodenale. Potrebbero essere altre le cause dei miei disturbi, faccio presente che a livello intestinale ho numerosi diverticoli. Mi scuso per la lunghezza e ringrazio per la cortese risposta. Risposta Gentile signora, i disturbi descritti sembrano effettivamente poter essere determinati dal reflusso acido gastro-esofageo. Come nel suo caso, tale condizione clinica può essere fortemente favorita dalla presenza di un’ernia iatale da scivolamento, quest’ultima determinata dall’“allentamento” della tenuta di quel meccanismo “valvolare” (iato diaframmatico, sfintere esofageo inferiore, legamenti freno-gastrici, ecc) che normalmente impedisce la risalita di parte dello stomaco (in genere una piccola parte) nella cavità toracica attraverso lo iato diaframmatico. La corrente terapia medica acido-soppressiva, a base di inibitori della pompa protonica (come appunto l’esomeprazolo), coadiuvata da farmaci antiacidi, da un corretto stile di vita (non sedentario) e da sane abitudini alimentari (evitando alimenti in grado di potenziare il reflusso e gli effetti del reflusso, quali la menta, la cioccolata, l’alcol, ecc.), riesce nella gran parte dei casi ad essere efficace e a controllare la sintomatologia. In genere, in situazioni particolari, legate, ad esempio, alla presenza di una grossolana ernia iatale, e con una sintomatologia da reflusso non controllabile con i farmaci (con ripercussioni sulla qualità di vita), può essere posta indicazione all’intervento chirurgico al fine di “ripristinare” l’anomalia “valvolare” di cui sopra. Beninteso: prima di porre indicazione all’intervento, tutte le altre possibili cause alla base della sintomatologia debbono essere necessariamente escluse, e la inefficacia della terapia medica dovrebbe essere chiaramente dimostrata. Nel suo caso, proverei a cambiare tipologia di inibitore della pompa protonica (ne esiste una varietà, e in casi sporadici vi può essere una refrattarietà della risposta terapeutica ad uno di essi), e non sottovaluterei il controllo della “circonferenza addominale”, poichè è chiaro che una obesità sottostante, creando i presupposti per una maggiore pressione intra-addominale, facilità il reflusso acido gastrico verso l’esofago e a volte vanifica la risposta alla terapia. La pH-metria ha un senso se il suo medico voglia realmente documentare un reflusso acido gastro-esofageo patologico, mentre la manometria potrebbe avere un ruolo a fini pre-operatori. Le consiglio di aspettare a sottoporsi ai due esami ed esplorerei più in profondità le possibili cause dei suoi sintomi e le possibili alternative terapeutiche. Domanda
Gentile dottore, da molti anni sono affetta da una forma di stipsi acuta. Faccio uso di supposte alla glicerina anche due al giorno, con buon esito. Lei cosa ne pensa? Risposta La stitichezza o stipsi è un disturbo della defecazione, e consiste nella difficoltà di svuotare in tutto o in parte l'intestino espellendone le feci. I sintomi possono essere rappresentati da modesti dolori addominali, che possono riacutizzarsi fino a diventare una colica, ma anche da meteorismo, flatulenze, feci secche e dure o ancora da una sensazione di evacuazione incompleta. Nella maggior parte dei casi, in assenza di lesioni organiche, la stipsi è cronica ed è collegabile a patologia cosiddetta «funzionale» della motilità del viscere. Altre volte, può essere secondaria a particolari condizioni cliniche (diabete; affezioni organiche intestinali che meccanicamente impediscono il passaggio del bolo fecale) oppure all’assunzione di farmaci predisponenti (es. antispastici, antidepressivi, ecc.). Escludendo i casi in cui la stitichezza dipende da fattori patologici gravi, nei casi normali le armi per sconfiggere la stitichezza cronica sono: una corretta alimentazione, assumendo una maggior quantità di cereali e in generale di alimenti ricchi di fibre vegetali, come la crusca, il pane integrale, carote, sedano e molti altri; una adeguata assunzione di liquidi (soprattutto di acqua); una buona attività fisica. Esistono infine diversi tipi di farmaci lassativi, il cui utilizzo andrebbe affrontato con cautela e sempre sotto controllo medico. Il problema principale di questi farmaci riguarda l'assuefazione che quasi tutti danno, poiché l'intestino si abitua e si impigrisce sempre di più. L’uso continuativo della glicerina non va naturalmente nella direzione di un approccio razionale alla stipsi, che tende a privilegiare l’uso di prodotti che agiscono sulla massa fecale al fine di stimolare la parete intestinale in modo fisiologico, riabituandola a riprendere la normale attività motoria. L'uso di microclismi o di supposte di glicerina possono essere di aiuto in attesa che gli altri rimedi funzionino. Domanda
Ho 75 anni; per tenere oltretutto sotto controllo il colesterolo, osservo una dieta equilibrata, ma conduco una vita sostanzialmente sedentaria. Faccio uso saltuario dei cosiddetti "grani di lunga vita" perché fino a non molti anni fa ho sofferto di stipsi come di improvvise diarree; tuttavia da almeno cinque anni avverto più volte la necessità di evacuare nel corso della giornata (anche quattro volte), e in corrispondenza le feci appaiono di consistenza assolutamente normale. Il fenomeno è quasi sempre associato al meteorismo. Una recentissima colonscopia (peraltro non unica negli ultimi dieci anni) non ha dato evidenza ad alcuna particolarità di rilievo. Il tutto mi crea situazioni di comprensibile imbarazzo e difficoltà quando - come spesso accade - mi trovo lontano dalle mura domestiche. Sono perciò interessato a conoscere le cause verosimili del fenomeno, e i possibili rimedi. Risposta La sintomatologia riferita degli anni scorsi, e tipicamente la presenza di alvo alterno e irregolare, in concomitanza di plurimi esami endoscopici risultati negativi, sembrano deporre per la cosiddetta sindrome da intestino “irritabile” (comunemente denominato “colon irritabile”), ovvero un disordine funzionale gastrointestinale di comune riscontro clinico, che risulta da una combinazione di alterazioni motorie, ipersensibilità viscerale, alterazioni dell’immunità mucosale, dismicrobismo intestinale e alterazioni nella regolazione dei rapporti tra il sistema nervoso centrale e quello enterico. Il contributo di tutti questi fattori può variare tra gli individui o, nel tempo, nella stessa persona che soffre di tale patologia. Il meteorismo può essere invece giustificato da un concomitante dismicrobismo intestinale, che può anch’esso concorrere al quadro sintomatologico del colon irritabile, oppure da intolleranze alimentari (ad es. latte) o fattori dietetici peculiari (dieta ricca di zuccheri). Nel suo caso, proverei a rivedere il regime dietetico, escludendo per qualche mese il latte e derivati, e aggiungerei una terapia cosiddetta “decontaminante”, a base di antibiotici non assorbibili, seguita dall’assunzione, per un periodo limitato, di probiotici. Infine proverei il tannato di gelatina. Domanda
Ho 77 anni e da 10, con gastroscopie annuali, mi è stata diagnosticata una esofagite curata con Oncoprasen. L'ultima gastroscopia ha trovato una piccola ernia iatale da scivolamento: che cosa vuol dire? Mi è stato prescritto Comprasen e Gaviscon Advance. Malgrado ciò, soffro dopo i pasti di un forte dolore allo stomaco. Ho eliminato caffè, succhi di frutta, carne, ma la difficoltà di digestione migliora solo in parte con Dorngeridone. Come si cura l'ernia iatale? Si può rimuovere? Risposta L'ernia iatale da scivolamento consiste nello "spostamento" di una parte dello stomaco, attraverso lo iato esofageo, sopra il diaframma e quindi nel torace. Molto spesso non è una condizione clinica permanente perchè la parte interessata dello stomaco può spostarsi su e igù a seconda della pressione della pressione intra-addominale. E' una condizione anatomica non infrequente, soprattutto nelle persone obese, e può essere più o meno clinicamente rilevante anche in relazione alla sua ampiezza. talvolta è asintomatica e viene scoperta per caso in caso di radiografia o gastroscopia. I sintomi più frequenti sono la pirosi retro-sternale dovuta a reflusso dell'acido gastrico nel'esofago, attraverso la porzione di stomaco erniato., l'eruttazione, il rigurgito dopo i pasti. Il reflusso acido può essere causa dell'infiammazione dell'esofago più o meno grave (la cosiddetta "esofagite") fino alla formazione di vere e proprie ulcerazioni della mucosa. L'ernia iatale da scivolamento può essere quindi alla base di una sintomatologia fastidiosa ma che nella stragrande maggioranza dei casi può essere alleviata dalla terapia medica. Alcool, caffè, cioccolato e spezie piccanti andrebbero evitati poichè aumentano l'acidità gastrica. La terapia chirurgica, e cioè la riduzione dell'erniazione gastrica, è attualmente riservata ai casi di ernia iatale molto grandi o di sintomi non controllabili con la terapia medica.La terapia prescritta è appropriata perchè mirata a ridurre e neutralizzare la secrezione acida gastrica. resta da stabilire, poichè i sintomi persistono, se la piccola ernia iatale di cui è portatore, sia realmente la causa dei sintomi. Resta invece perplessità il numero di gastroscopie da lei effettuate negli ultimi dieci anni. |
Domanda
Ho 68 anni, e da 15 anni ho effettuato 4 gastroscopie, con diagnosi di “cardias beante, modesta ernia iatale da scivolamento, lieve gastroduodenite, con reflusso”. In due occasioni, tramite esame istologico, è stata riscontrata la presenza dell’Helicobacter pylori. E’ stato trattato due volte, efficacemente dagli esami allora effettuati. Tuttavia, a distanza di 3 anni dall'ultima gastroscopia, anche in base a suggerimento dato dal vostro giornale, ho effettuato il test denominato gastropanel, dal cui risultato è emersa di nuovo la presenza dell’Helicobacter, e un valore di gastrina basale 17 o 10. Mi è stata consigliata una nuova gastroscopia con esame istologico. Mi chiedo: perché una volta eradicato il batterio mi è tornato due volte? ma non era soluzione definitiva? e' possibile che curato per anni con Lucen da 20 mg e sospeso per 10 gg abbia potuto modificare i risultati della gastrina 17 basale? non so più cosa pensare in attesa della prossima ennesima gastroscopia. Saluti e ringraziamenti. Risposta Caro lettore, onestamente non comprendo il motivo per cui le è stata richiesta una nuova gastroscopia, a meno che nella sua lettera lei abbia omesso di descrivere una sintomatologia importante. Se così non è, le consiglierei di rivedere con il suo medico la reale indicazione all’esame. In genere, il test denominato Gastropanel avrebbe proprio la funzione (dichiarata) di ridurre il numero di gastroscopie fornendo dati sullo stato infiammatorio della mucosa gastrica e sulla possibile presenza dell’H. pylori. Tuttavia, proprio per quest’ultimo punto, il test utilizza il dosaggio di anticorpi specifici che potrebbero anche essere espressione di un contatto precedente con il germe e quindi non di una infezione attuale. In sintesi, le consiglierei di effettuare il cosiddetto “test del respiro” (urea breath test) per verificare la reale attuale presenza dell’H. pylori. Detto questo, resta però da precisare che nel caso lei abbia contratto nuovamente l’infezione da H. pylori (evento raro dopo l’eradicazione, ma possibile), le indicazioni alla terapia antibiotica contro il germe sono essenzialmente relative ad una storia di ulcera peptica, alla eventuale familiarità per neoplasia gastrica, ad una gastrite severa, oppure ad una fastidiosa sintomatologia dispeptica verosimilmente correlata all’infezione. Tutto ciò è facilmente verificabile dal suo medico curante, che tuttavia, anche tenendo conto degli esami istologici delle precedenti gastroscopie, potrebbe nel caso stabilire, legittimamente e a ragion veduta, di non trattare affatto l’H. pylori. Domanda
Dovendomi sottoporre ad una gastroscopia a causa di una gastrite autoimmune, il gastroenterologo mi chiede di ottenere prima il parere di un cardiologo, essendo stato sottoposto ad angioplastica coronarica ed impianto di stent "medicato" a Dicembre 2013. Il cardiologo interpellato mi ha rispedito al gastroenterologo. Sono trascorsi già due anni dall'ultima gastroscopia. E' davvero molto difficile il mio caso? Con tanti ringraziamenti e con il piacere di leggervi presto. Risposta La gastrite cronica consiste in una infiammazione cronica della mucosa gastrica che tende ad evolvere, se persistono le cause che la determinano, verso una atrofia della mucosa stessa, ossia verso una sorta di assottigliamento e di perdita delle sue funzioni specifiche di difesa e di digestione degli alimenti. Possiamo distinguere una gastrite autoimmune (cosiddetta di tipo A), caratterizzata da alterazioni infiammatorie su base autoimmune, che rappresenta circa il 10% delle forme di gastrite cronica, e una gastrite su base infettiva batterica (di tipo B, da Helicobacter pylori) per il restante 90% di gastriti croniche. Mentre in quest’ultimo caso il trattamento dell’infezione arresta la progressione della gastrite verso l’atrofia e quindi riduce il rischio potenziale di evoluzione ulteriore verso forme displasiche, per quanto riguarda la gastrite autoimmune, pur conoscendo bene le basi patogenetiche che la determinano, non abbiamo una terapia capace di arrestare una potenziale evoluzione della infiammazione mucosale. Per questo motivo, i pazienti affetti da gastrite autoimmune sono generalmente invitati a sottoporsi a controlli endoscopici periodici al fine di intercettare, attraverso il campionamento della mucosa gastrica e il relativo esame istologico, eventuali degenerazioni displasiche della mucosa. Nel suo caso, bene ha fatto il suo gastroenterologo nell’inviarla al cardiologo, evidentemente con l’intenzione di sapere se lei era in condizione di eseguire la gastroscopia. In genere, i controlli endoscopici, per casi come il suo, sarebbero da effettuare ogni 3-5 anni. Tali periodi tuttavia possono variare ed essere rapportati, a discrezione del medico curante, alla severità ed estensione della gastrite nonché all’età e alla concomitanza di fattori di rischio aggiuntivi (es. infezione da H. pylori, abitudine al fumo, assunzione di farmaci gastrolesivi o di alcol). Domanda
Spett/le Redazione, mi è stata diagnosticata una "gastrite cronica, inattiva, di grado lieve, associata a quota eosinofila e ad alterazioni morfologiche riferibili a gastropatia reattiva". Vorrei sapere se è corretta la mia dieta con molte verdure, frutta e pesce e poca carne e pasta. Questa alimentazione (benchè qualche lieve problema di colite mi procura) è funzionale alla normale defecazione in quanto afflitto da diverticoli. Risposta Una certa quota di infiltrazione eosinofila della mucosa gastro-intestinale rientra nella normalità dei riscontri istologici in quanto contribuisce ai meccanismi di difesa dell’ospite nei confronti di fattori “esterni” (chimici, batterici, tossici). Altra cosa riguarda invece una profonda infiltrazione della mucosa gastrica (ma anche del tratto duodenale e intestinale più distale) con un abbondante quota di infiltrato eosinofilo. In quest’ultimo caso si è di fronte ad una vera e propria “gastroenterite eosinofila” che ha dei precisi connotati clinici e fisiopatologici e richiede una specifica programmazione di controllo clinico ed eventuale terapia. Non credo, ovviamente, che nel suo caso si tratti di questo, poiché di solito tale condizione viene opportunamente segnalata (e quantificata) al riscontro istologico. Penserei quindi ad una classica gastrite cronica, che sembra non trovare la causa nella infezione da Helicobacter pylori, ma che potrebbe invece risalire ad una esposizione ad agenti irritanti, normalmente estranei all’ambiente gastrico protetto dall’acido (fumo? alcol? farmaci? bile?). La sua dieta è perfetta, sia per la gastrite che per la diverticolosi. Aggiungerei una adeguata idratazione, con assunzione giornaliera di 1.5-2 litri di acqua. Domanda
Soffro di stipsi in dolicocolon. Giornalmente prendo 4 pursennid, 2 misurini completi di portolac, 2 movicol, 2 psyllogel megafermenti. Chiedo se c'è un trattamento "meno pesante" da assumere o completamente diverso. Grazie Risposta Gentile sig. Borella, in effetti i farmaci lassativi che assume giornalmente sono tanti, e a me sembrerebbero anche troppi. Il dolicocolon, e cioè un colon più lungo del normale e che quindi accentua la fisiologica tortuosità del viscere, sicuramente non l’aiuta e può, a sua volta, favorire un certo grado di stitichezza. Se soffre di stipsi cronica, avrà certamente già attuato tutti gli accorgimenti che normalmente sono utili a limitare questo fastidioso disturbo (e cioè una corretta alimentazione, assumendo una maggior quantità di alimenti ricchi di fibre vegetali, una adeguata assunzione di liquidi e una buona attività fisica). Non ho idea della sua età e se assume altri farmaci per altre patologie, però tenga presente che, escludendo i casi in cui la stitichezza dipenda da fattori patologici gravi, nella maggior parte dei casi la stipsi cronica è collegabile a patologie cosiddette «funzionali» della motilità del viscere, e in alcuni casi può essere secondaria a particolari condizioni cliniche (ad es. diabete) oppure all’assunzione di farmaci predisponenti (es. antispastici, antidepressivi, ecc.). Infine, la strategia terapeutica con lassativi andrebbe sempre concordata con il curante. Domanda
Da diversi anni, su indicazione del medico curante, mi sottopongo a periodici esami di colonscopia e negli ultimi tempi, in differenti occasioni, sono stati tolti diversi polipi fortunatamente di natura benigna. Avendo chiesto delucidazioni sul perchè di questa frequente presenza di polipi, mi è stato risposto che questa "anomalia" deriva dal fatto che il mio intestino, essendo geneticamente predisposto, li "fabbrica" autonomamente prescindendo dallo stile di vita e dalla dieta alimentare seguita. Potrei avere qualche indicazione più precisa in merito? Risposta La gran parte degli adenocarcinomi del colon-retto (70-90% circa) insorge su polipi adenomatosi, per i quali la potenzialità di trasformazione in senso neoplastico è data dalla presenza e dalla severità della cosiddetta “displasia”. Per questo motivo, la metodica più efficace per la prevenzione del carcinoma del colon-retto consiste nella asportazione (polipectomia) per via endoscopica di tutti i polipi adenomatosi. Dopo la procedura, si rende necessario il successivo controllo endoscopico periodico, al fine di rilevare ed asportare eventuali nuovi polipi, poiché il rischio negli anni a seguire di sviluppare nuovi polipi è di circa il 20-50%. Gli intervalli di tempo consigliati per i controlli variano a seconda del numero dei polipi rimossi, della loro grandezza e della natura istologica. Per la gran parte dei casi gli intervalli consigliati oscillano tra un anno e cinque anni. Vi è una chiara evidenza scientifica riguardo alla predisposizione genetica individuale alla formazione dei polipi e quindi del cancro del colon-retto. Tuttavia, i dati disponibili suggeriscono che anche la dieta e lo stile di vita possono svolgere un ruolo importante. Ad esempio, una dieta ricca di vegetali, di folati e di calcio, svolge un’azione protettiva, mentre l’assunzione di carne e alcol aumenta il rischio di formazione dei polipi. L’abitudine al fumo e la scarsa attività fisica hanno altrettanto una azione favorente. |